UN ARTISTA DA RISCOPRIRE: LUCILLO GRASSI

LA NOSTRA PARROCCHIA SI FREGIA DI ALCUNE OPERE DEL MAESTRO LUCILLO GRASSI. RIPORTIAMO UN INTERVENTO SULLA SUA INTENSA ATTIVITA' ARTISTICA DAL BOLLETTINO DI STORO, CITTA' NATALE DI GRASSI.




Storo riscopre il talento
di Lucillo Grassi



di Ennio Colò
Assessore alla cultura




“Ho visto un paese che non c’è più !”. Con questa frase ad effetto una
visitatrice ha voluto vergare il registro ospiti della mostra, dedicata alle
opere di Lucillo Grassi e organizzata dal Comune di Storo questa estate
presso la Casa della Cultura.
Sicuramente molti paesaggi, scorci, luoghi, dipinti nella prima metà del
secolo scorso non potevano passare inosservati, creare curiosità e far discutere.
Qualcun altro ha lasciato un messaggio d’incoraggiamento
a dar seguito all’iniziativa per approfondire ulteriori aspetti
dell’artista.
Altri si sono complimentati, sorpresi per la produzione
artistica così varia, sempre ricca di talento e testimone di
abilità tecniche poliedriche non comuni.
Alcuni giudizi della voce del popolo sono sufficienti per
cogliere il significato che la mostra antologica, dedicata
all’artista storese, ha voluto trasmettere alla comunità e ai
visitatori.
Inserita nel progetto comunale “Memoria e Identità”
l’evento culturale dell’estate della Valle del Chiese e non
solo, è stata una sorpresa sia per noi organizzatori, travolti
dall’ interesse oltre le aspettative, ma anche nei visitatori che
non si aspettavano di poter ammirare opere artistiche di rara
qualità che li riguardavano in qualche maniera e a loro ancora
sconosciute.
Probabilmente sarebbe passato ancora tanto tempo o forse
nessuno ci avrebbe mai più pensato se non fosse stato per
un fortunato incontro avvenuto nel 2003 all’indomani della
Festa Provinciale dell’Emigrazione che organizzammo a
Storo. Ebbi modo di conoscere la figlia di Lucillo, signora
Liana, tornata a Storo dagli Stati Uniti dove risiede, per un
breve periodo di vacanza. Ricordo ancora l’emozione quando,
entrato nella sua casa paterna, rimasi a bocca aperta dalla
meraviglia.
Una decina di tele campeggiavano alle pareti come in un museo e subito
mi balenò in testa l’idea della mostra. La invitai alla festa e alla serata
all’oratorio in cui il giornalista Gianantonio Stella, oggi più popolare di
allora, avrebbe raccontato l’emigrazione italiana per farne buona memoria
oggi, di fronte al fenomeno contrario che richiede spirito e capacità di
accoglienza. Nell’occasione ci prestò anche un quadro, in cui Lucillo ritrasse
la moglie Alberta Hofer, che venne esposto alla mostra dell’emigrazione
per ricordare che accanto ai minatori di Cambria, da Storo partì verso
l’agognata America anche un artista che realizzò i suoi sogni. A rafforzare
il progetto fu anche una frase che la stessa vedova Alberta scrisse di suo
pugno sul retro della grande importante tela donata, dopo la morte del
marito, al Comune e intitolata “Italiani a New York” dove auspicava che
Storo avrebbe dovuto sempre ricordare di aver avuto tra i suoi figli un
artista.
Oggi a luci spente rammentiamo con orgoglio la serata calorosa
dell’inaugurazione, la partecipazione di un pubblico competente, la
presenza di tanti artisti e operatori del settore, fra i quali Antonio Stagnoli,
autorità, collaboratori e sponsor che
voglio ringraziare. Una gratitudine
particolare va rivolta ai musei, enti,
istituzioni, parenti e amici che
hanno prestato le centotrenta opere
con generosità per permetterne una
conoscenza e fruizione pubblica. Nella
mostra abbiamo voluto ricordare con
alcune opere dal sapore futurista
anche l’ingegnere Iginio Grassi che
del fratello Lucillo è stato consigliere,
collaboratore ed estimatore tanto da
procurargli molte commesse per
incarichi di affreschi sacri in chiese
e santuari della Puglia e Campania
quando dirigeva l’ufficio tecnico del
comune di Brindisi. Non posso non
ricordare con dispiacere in questo
ricordo che proprio all’indomani
dell’apertura dell’esposizione è venuto a mancare dopo grave malattia il
nipote Luciano che aveva messo a nostra disposizione con entusiasmo
tutte le opere firmate dallo zio in suo possesso affinché tutti potessero
apprezzarle.
Sull’onda del successo, siamo fermamente intenzionati a proseguire nel
lavoro di ricerca e di studio attorno a Lucillo Grassi, un personaggio in
controtendenza, schivo, semplice, dall’animo gentile che anteponeva la
gioia interiore alla gloria effimera, la concretezza alla chiacchiera, l’essere
all’apparire. Approfondiremo il suo percorso da pendolare dell’emigrazione,
verso gli Stati Uniti e nelle regioni dell’Italia meridionale dove visse e
si realizzò artisticamente lasciando un’eredità ancora poco conosciuta e
meritevole di essere studiata e divulgata. Avremo quindi ancora bisogno di
ulteriori aiuti e collaborazioni, ad iniziare dalla realizzazione di un catalogo
riferito a parte delle opere esposte in mostra, del Museo Civico di Rovereto e
della dottoressa Paola Pizzamano che si è lasciata coinvolgere con passione
e professionalità, del Centro Studi Judicaria, della Banca Valsabbina e della
Provincia Autonoma di Trento che grazie alla sensibilità mostrata dalla
vicepresidente Margherita Cogo, ha realizzato un video specificatamente
sugli affreschi di Lucillo Grassi in
alcune chiese trentine.
La rete di collaborazioni che va
ringraziata continua con la RAS
di Tobaldi Luciano, il Circolo
Pensionati “dei Voi”, l’Agri90, la
Società Americana, il Cedis, l’Adige
e il Trentino, La Trentini nel Mondo
e i dipendenti comunali coinvolti
nell’iniziativa.
Cogliamo l’occasione per pubblicare
la biografia di Lucillo Grassi scritta
dalla dottoressa Paola Pizzamano,
curatrice della mostra di Storo
e responsabile della sezione arte
del Museo Civico di Rovereto che
conserva otto opere del nostro
artista

Lucillo Grassi
Storo (Trento) 1895-Red Bank (Stati Uniti) 1971

Nato a Storo il 7 gennaio 1895 da Domenico e Anna Zocchi, Grassi ha
amato in modo assoluto l’arte, dipingendo di continuo, senza tregua,
sempre intento ad inseguire soddisfazioni nelle numerose commissioni in
Italia e negli Stati Uniti che si susseguirono nel corso della sua prestigiosa e
lunga attività. Di questo artista, umile, capace e coraggioso, si conoscevano
fino ad ora solamente alcuni dati sommari, perciò ancor oggi a molti
Attualità
“La mostra è stata importante
non solo perché era la prima
dedicata a Lucillo Grassi…”
sfugge il suo notevole valore. Se da un parte la scarsità di documenti, ma
soprattutto il suo carattere modesto, di grande sensibilità e intelligenza,
hanno contribuito a mantenerlo nell’ombra, dall’altra la sua intensa attività
testimonia quanto egli amasse la pittura, fatta di impegno assiduo come
modo migliore per lasciare ai posteri memoria di se stesso.
Il Comune di Storo ha voluto rendere omaggio a Grassi attraverso una
mostra ricca di opere che denotano sia il valore della sua arte che il suo
coraggio nell’affrontare l’emigrazione e molti altri viaggi, per continuare a
dipingere animato da una vocazione al servizio della società, sull’esempio
dei grandi maestri del passato.
Il progetto di conoscenza dell’opera di Grassi avviato con questa mostra, la
prima personale e retrospettiva, promossa con grande impegno e passione
dall’assessore alla cultura Ennio Colò, ben si accorda con le numerose
iniziative di valorizzazione delle opere e degli artisti della raccolta civica di
Rovereto attuate in questi ultimi anni attraverso numerose collaborazioni
con enti ed istituzioni culturali. Il Museo è stato ben lieto di collaborare,
prestando anche diversi dipinti e incisioni, con il comune obiettivo di fare
conoscere questo illustre artista storese, ingiustamente e troppo a lungo
dimenticato.
La mostra è stata importante non solo perché era la prima dedicata a Lucillo
Grassi, ma anche perché presentava un notevole gruppo di opere, ben 130,
tutte di grande qualità che ne documentano l’originalità espressiva e gran
parte della sua intensa e varia attività. Come punto di partenza per ulteriori
approfondimenti, il percorso espositivo prendeva avvio con carboncini,
incisioni, dipinti su tele, alcune di grande formato – notevoli per la
bellezza, l’originalità e l’abilità tecnica – eseguiti da Lucillo nel periodo
giovanile, durante e dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti di
Venezia i corsi di Ettore Tito per la figura, di Beppe Ciardi per il paesaggio,
di Emanuele Brugnoli per l’incisione, di Augusto Sezanne per l’ornato e
l’architettura. A Venezia, insieme
agli amici conterranei Umberto
Moggioli, Roberto Iras Baldessari,
Mario Disertori, egli assimila le varie
novità del tempo dal Simbolismo al
Liberty, dal Secessionismo ai Nabis,
che venivano proposte alla Biennale
internazionale d’arte e alle mostre di
Ca’ Pesaro.
Sull’esempio dell’amato maestro
Brugnoli, di cui era allievo migliore e
prediletto, esegue le prime acqueforti
con vedute di Venezia e della propria
terra, suggestive per la presenza
spesso di persone intente nei lavori di
vita quotidiana.
Dopo aver conseguito nel 1914 il
diploma e nel 1916 l’abilitazione
all’insegnamento del disegno, con
una “formidabile cultura artistica” fatta di conoscenza di tutte
le tecniche pittoriche e principi accademici, coltiva la pittura
e l’incisione dedicandosi al ritratto, al paesaggio soprattutto
trentino animato spesso da figure, e al contempo alla natura
morta e alle tematiche sacre, indicativi della sua grande duttilità.
Con una borsa di studio, negli anni 1917-18 soggiorna a Milano
dove apre uno studio e frequenta l’amico conterraneo Roberto
Marcello Iras Baldessari, a quei tempi interessato all’esperienza
futurista. Poi espone dipinti di grande formato a Torino nel 1920
il trittico la Chiesa, a Napoli nel 1921 l’Autunno (dove raffigura
le sue sorelle Berta e Gemma), a Venezia e a Roma.
Rientrato nella patria finalmente redenta, svolge una breve
esperienza di insegnante a Trento e a Rovereto, fino a quando nel
dicembre del 1921 decide, spinto dai ricordi del padre e su invito
del conterraneo Silvio Bernardi, di emigrare negli Stati Uniti.
A New York diventa segretario dell’“Associazione politica tra gli
italiani redenti” e sposa la roveretana Alberta Hofer.
Nel 1923 dipinge il catino dell’abside della Chiesa di S. Domenico
nel Bronx a New York e si specializza nella decorazione d’interni realizzando
numerosi affreschi, tempere e grandi tele in teatri, chiese, hotel, banche e
ville, avviando un’intensa e fortunata attività insieme al noto architetto
Whitney Warren, progettista della Stazione Centrale di New York, e agli
italiani Borgia e Smeraldi.
Con il crollo della borsa di Wall Street e la Grande depressione del ‘29,
ritorna nel 1938 in Italia e allo scoppio della guerra non poté più rientrare
negli States, stabilendosi così a Rovereto, allora vivace centro animato dalla
presenza di numerosi artisti.
Continua a dipingere ritratti, paesaggi e nature morte, che spesso propone
alle principali esposizioni del tempo sia in Italia che negli
States a New York (National Accademy, Indipendent artist) e a
Washington.
Durante il periodo tra le due guerre alterna soggiorni negli
States e realizza opere tratte dalla realtà quotidiana interpretata
con chiarezza compositiva, equilibrio, rigore formale e purezza di
volumi, per conferire alle figure e al paesaggio una connotazione
di sospensione cercando di cogliere l’incanto e la magia della vita.
La misura classica della tradizione viene modulata e innervata
dalla sua particolare sensibilità cromatica in una visione magica,
in un’atmosfera rarefatta, in sintonia con le esperienze degli
artisti del Realismo magico, della Nuova oggettività e del
gruppo italiano di Novecento, in particolare nei dipinti Gli
scacchi (ammirato dalla critica francese, poi donato da Lucillo
alla Galleria d’arte del Comune di Rovereto), Ritratto di Alberta
Hofer, Italiani a New York.
Nel 1939 partecipa al Premio Cremona, istituito l’anno prima da
Roberto Farinacci, con il dipinto Italiani a New York (donato nel
1971 dalla vedova dell’artista al Comune di Storo) classificandosi
terzo; alle Sindacali del 1939 Natura morta e Dopo il bagno,
del 1940 Siesta, Natura Morta, Italo Balbo eseguito insieme a
Iras Baldessari; alla Mostra nazionale del Paesaggio del Garda del
1947 con Il bivio del Ponale, alla Prima mostra regionale d’arte
figurativa del 1948 a Trento; nel 1954 e 1955 alle collettive degli
incisori veneti, insieme all’amico conterraneo e grande incisore
Remo Wolf (a Venezia, seconda collettiva dell’Associazione degli
incisori veneti, con cinque acqueforti: Il sogno di S. Lorenzo, New
York, I ponti di Brooklin e Manhattan, La fontana di Nettuno,
Piazza della pesa a Rovereto, e la Torre; poi a Rimini, Gorizia,
Ancona).
Parallelamente si dedica all’arte sacra realizzando numerosi
affreschi e pale d’altare non solo nel Trentino ma anche nel
Meridione, dove viveva il fratello Iginio, dai trascorsi giovanili
futuristi, poi ingegnere del Municipio di Brindisi, suo consigliere
e punto di riferimento con il quale amava confrontarsi.
Con la sua indiscussa abilità nel trattare le tematiche sacre ad
affresco su ampie superfici, nel solco della tradizione e dei grandi
maestri del passato, Lucillo esegue a ritmo serrato gli affreschi
e pale d’altare a Bisignano (Cosenza), a Dipignano, a Brindisi, a
Scorrano (Lecce), a Mendicino (Cosenza) e a Monopoli.
Dopo la guerra, nel solco della tradizione pittorica e delle
tematiche sacre, intraprende l’intera decorazione del Santuario
della Madonna della Catena a Laurignano di Cosenza (dieci pale d’altare,
l’abside, soffito e altari).
Lucillo esprime il suo amore per l’arte nonché il suo spirito devoto e
generoso anche nella propria terra nella decorazione della chiesa parrocchiale
e sacrestia di Grigno (dal 1946 al 1950, ideando gruppi di figure nella
navata, presbiterio che accoglie anche le scene con la Vocazione
di S. Giacomo e la Condanna al martirio, nelle navate laterali la
Via Crucis (1947), in controfacciata la scena della Madonna in
gloria tra angeli musicanti e santi, nella cappella battesimale),
della chiesa di Castelnuovo Valsugana (1947), nell’affresco sulla
facciata della parrocchiale di Tiarno di Sopra (1939), nell’affresco
su una roccia della via per Terramonte, nel S. Maurizio per gli
Alpini di Storo, nell’affresco del Capitello di Lodrone (chiesetta
del Santuario della Madonna dell’aiuto), nelle due tavole con S.
Sebastiano e S. Rocco per l’edicola del centro di Storo e nel Don
Giovanni Bosco nella chiesa di S. Maria delle Grazie a Rovereto (in
gran parte documentati in mostra dal video realizzato dal Servizio
delle Attività culturali della PAT).
Dopo alcuni anni di insegnamento di disegno presso la Scuola
di avviamento commerciale di Rovereto, nel 1955 Lucillo decide
di ritornare negli Stati Uniti. Grazie alla sua cultura e profonda
conoscenza delle tecniche pittoriche, durante il secondo periodo
americano riprende l’attività di decorazione d’interni (e di arredi:
paraventi esposti in mostra) nelle principali città: Toronto, Boston,
Philadelphia e Washington. E’ un susseguirsi di nuove soddisfazioni
culminanti nel prestigioso incarico di
decorare a Washington la sala da pranzo
della Blair house, la dependance della
Casa Bianca destinata agli ospiti illustri,
nell’ambito dei lavori di abbellimento
voluti da Jacqueline Kennedy; e poi la
sala da pranzo della villa di New York del
cognato di Aristotele Onassis, fino alla
decorazione di grande formato di venti
metri per cinque, applicata a sezioni,
raffigurante la Vecchia Londra per l’entrata
di un hotel a Filadelfia.
Lucillo fu attivo fino a poco prima di morire
il 3 febbraio 1971 a Red Bank. Al termine
di un lungo viaggio all’insegna dell’arte
tra l’Italia e gli States svolto con impegno
e lontano dai clamori, volle essere sepolto
a Storo, ritornare nell’amato Trentino
che aveva sempre nel cuore e rievocava
con nostalgia pensando ai luoghi cari e
agli amici lontani come Iras Baldessari,
Giovanni Giovannini, Riccardo Maroni,
Remo Wolf e il compositore Renato
Dionisi.
Questa mostra rappresenta il primo importante risultato di una ricerca
appena avviata ed ora in corso e che dovrà essere completata con la riscoperta
delle imprese decorative e pale d’altare eseguiti nel Meridione e negli Stati
Uniti.